Ovidio e Calvino: la leggerezza sta nella scrittura
4 Settembre 2023 by Simone Maretti | Blog, Reading, Letteratura
Nelle Metamorfosi Ovidio racconta alcune tra le storie più antiche del mondo; immaginando che – nel corso della vicenda, o al limite come risultato finale della stessa – i protagonisti vadano soggetti a un mutamento, a una trasformazione… a una metamorfosi, appunto.
In virtù della quale è dato, a noi contemporanei, svelare l’origine più remota di un essere o di un fenomeno naturale. Ecco allora Aracne trasformata in ragno, il satiro Marsia scuoiato vivo, Tiresia mutato in donna, Pigmalione perdutamente innamorato di una propria scultura, Narciso invaghito di se stesso e tramutato poi – dopo la vendetta degli dèi nei suoi confronti – nell’omonimo fiore… E molti altri se ne potrebbero citare! Grazie al mito di Tereo, Procne e Filomela (ascolta il nostro podcast) scopriamo da cosa derivino i caratteri distintivi di tre uccelli: la rondine, l’usignolo e l’upupa.
Soprattutto, però, ascoltando “La vendetta di Procne” abbiamo conferma in merito al fatto che le favole – e i miti, vale a dire le favole più antiche in assoluto – non siano state create per rendere lieve l’animo dei bambini: si tratta, viceversa, delle storie più cruente e dissacranti che l’umanità abbia concepito nel corso del proprio viaggio attraverso i secoli e i millenni!
Curioso, però… In una delle sue più celebri ‘lezioni americane’ – quella dedicata alla ‘leggerezza’, per essere precisi – Italo Calvino, scrivendo a proposito del De rerum natura di Lucrezio, tira in ballo proprio Ovidio e le Metamorfosi: «Ho già citato le Metamorfosi d’Ovidio, un altro poema enciclopedico (scritto una cinquantina d’anni più tardi di quello di Lucrezio) che parte, anziché dalla realtà fisica, dalle favole mitologiche. Anche per Ovidio tutto può trasformarsi in nuove forme; anche per Ovidio la conoscenza del mondo è dissoluzione della compattezza del mondo; anche per Ovidio c’è una parità essenziale tra tutto ciò che esiste, contro ogni gerarchia di poteri e di valori. Se il mondo di Lucrezio è fatto d’atomi inalterabili, quello d’Ovidio è fatto di qualità, d’attributi, di forme che definiscono la diversità d’ogni cosa e pianta e animale e persona; ma questi non sono che tenui involucri d’una sostanza comune che – se agitata da profonda passione – può trasformarsi in quel che vi è di più diverso.
Ѐ nel seguire la continuità del passaggio da una forma a un’altra che Ovidio dispiega le sue ineguagliabili doti: quando racconta come una donna s’accorge che sta trasformandosi in giuggiolo: i piedi le rimangono inchiodati per terra, una corteccia tenera sale a poco a poco e le serra le inguini; fa per strapparsi i capelli e ritrova la mano piena di foglie. O quando racconta delle dita di Aracne, agilissime nell’agglomerare e sfilacciare la lana, nel far girare il fuso, nel muovere l’ago da ricamo, e che a un tratto vediamo allungarsi in esili zampe di ragno e mettersi a tessere ragnatele.
Tanto in Lucrezio quanto in Ovidio la leggerezza è un modo di vedere il mondo che si fonda sulla filosofia e sulla scienza: le dottrine di Epicuro per Lucrezio, le dottrine di Pitagora per Ovidio (un Pitagora che, come Ovidio ce lo presenta, somiglia molto a Budda). Ma in entrambi i casi la leggerezza è qualcosa che si crea nella scrittura, con i mezzi linguistici che sono quelli del poeta, indipendentemente dalla dottrina del filosofo che il poeta dichiara di voler seguire.»
Ecco perché, in realtà, leggendo le storie raccontate da Ovidio non andiamo mai soggetti a qualsivoglia moto di fastidio, raccapriccio o ripulsa: è la narrazione (le parole!) che rende lievi la mutazione, il trapasso da una sembianza all’altra. Mentre oggi scrittori, sceneggiatori e registi cercano di mettere a frutto gli strumenti di cui dispongono – anche sotto il profilo tecnico – per creare effetti speciali che colpiscano profondamente il lettore o lo spettatore, suscitando in lui emozioni forti… i grandi narratori classici – in possesso solo (!) del proprio stile e di un formidabile talento nel raccontare – rendevano leggero e quasi naturale ciò che nella nostra epoca risulterebbe macabro, orrendo, contro natura! Questione di punti di vista, si potrebbe dire… Ma altrettanto d’istinto verrebbe da replicare: questione di abilità!