Storie come alberi in fiore
25 Settembre 2023 by Simone Maretti
Per una volta ci prendiamo la libertà di dedicare questo appuntamento a un breve ricordo… Il ricordo di un grande pensatore – un uomo, prima di tutto – che pochi giorni fa ci ha lasciato. Gianni Vattimo.
E ci piace ricordarlo – senza enfasi e senza retorica, ovviamente – attraverso un breve frammento di uno scritto dell’autore di cui, forse più che chiunque altro, è stato interprete e insuperato esegeta: Martin Heidegger.
Il brano è tratto dal volume Che cosa significa pensare? di Martin Heidegger (la prefazione è di Gianni Vattimo, appunto).
“Se tuttavia interrogandoci su che cosa sia la rappresentazione non ci atterremo alla scienza, non è per la presunzione di conoscere meglio, ma per il timore di non sapere. Noi stiamo fuori della scienza. Stiamo altrove, ad esempio davanti ad un albero in fiore, e l’albero sta· davanti a noi. Esso si presenta a noi. L’albero e noi ci presentiamo a vicenda, l’albero stando lì e noi di fronte ad esso. Noi e l’albero siamo in quanto siamo posti in relazione l’uno per l’altro e l’uno dall’altro. In questa presentazione non si tratta quindi di rappresentazioni che ci ronzano nella testa. Ma qui sostiamo un istante, come quando prendiamo fiato prima e dopo un salto. Giacché siamo già saltati lontano dall’ambito consueto delle scienze e anche, come stiamo per vedere, della filosofia. E dove siamo saltati? Forse in un abisso? No, piuttosto su un suolo. Su un suolo? No, non su un suolo, ma sul suolo dove viviamo e moriamo, se non ci facciamo illusioni. Una cosa singolare, o magari inquietante, dover saltare per raggiungere il suolo sul quale già si è. Se qualcosa di tanto singolare come questo salto diventa necessario, allora dev’esser successo qualcosa che dà da pensare. Dal punto di vista scientifico, comunque, che ciascuno di noi si sia trovato almeno una volta davanti ad un albero in fiore, resta la cosa più insignificante del mondo. Dopo tutto, di che cosa si tratta? Ci mettiamo di fronte ad un albero, davanti ad esso, e l’albero si presenta davanti a noi. Chi è, qui, che si presenta all’altro? L’albero o noi? Entrambi? O nessuno dei due? Noi ci presentiamo all’albero che fiorisce, così come siamo, non con la sola testa o con la sola coscienza, e l’albero si presenta a noi come quell’albero che è. O forse l’albero è qui ancor più premuroso di noi? Si sarebbe già presentato in anticipo, per consentire a noi di portarci di fronte ad esso?
Che cosa succede quando l’albero si presenta a noi, e noi ci mettiamo di fronte all’albero? Dove ha luogo questa presentazione quando stiamo di fronte ad un albero in fìore, davanti ad esso? Nella nostra testa, forse? Certo. Nel nostro cervello possono succedere molte cose quando ci troviamo in un prato e abbiamo di fronte in tutto il suo splendore e in tutta la sua fragranza un albero in fiore, quando lo percepiamo. Oggi si possono addirittura rendere percepibili acusticamente, attraverso apposite apparecchiature di trasformazione e amplificazione, i processi che avvengono nella testa come correnti cerebrali, e tracciarne l’andamento mediante curve. È possibile. Certo. Che cosa non è possibile all’uomo moderno? È persino possibile che con la sua potenza possa, qualche volta, rendersi utile. E lo fa ovunque con le migliori intenzioni. È possibile: probabilmente nessuno di noi riesce ad immaginare quel che presto non sarà scientificamente possibile all’uomo. Ma che ne è, per limitarci al nostro caso, che ne è, tra le correnti cerebrali scientificamente registrate, dell’albero in fiore? Che ne è del prato? Che ne è dell’uomo? Non del cervello, ma dell’uomo, che domani potrebbe estinguersi, quello stesso che ci era venuto incontro dal passato. Che ne è della presentazione in cui l’albero si presenta e l’uomo si porta davanti all’albero?”
Al di là della profondità – e della complessità! – di queste parole, e del tentativo di guardare al mondo e al rapporto che l’uomo intrattiene col mondo… abbiamo la sensazione che questo frammento di Heidegger parli anche un po’ di noi, o almeno della ‘materia’ che – seppur indegnamente, e con esiti alterni – cerchiamo di gestire, rielaborare e proporre: le storie.
Nessun approccio critico, stilistico o storico-letterario potrà mai rendere conto appieno in merito a ciò che le storie – e il nostro modo di offrirle a chi ha voglia di ascoltare – rappresentano e sempre più vorrebbero rappresentare. L’adesione totale a un’emozione, a uno stato d’animo. Un rapporto in cui il desiderio dell’ascoltatore di essere preso per mano e accompagnato si confonde pressoché totalmente con l’urgenza della storia di trovare un orecchio – e un’anima, soprattutto! – in grado di ascoltare. Le parole dei grandi autori del passato non sono dotate di minor vita rispetto a chi le legge o a chi – come nel nostro caso – le ascolta. In questo, vi è perfetta corrispondenza. Se noi – e tu, mio buon Ascoltatore – siamo i soggetti che si collocano su un prato, al di fuori di qualunque approccio critico o scientifico… le storie sono l’albero in fiore! E proprio in questo consiste la magìa: nessuno potrà mai stabilire se a prevalere siano la voglia di raccontare, il desiderio di ascoltare… o il piacere di farsi ascoltare!