Stasera dobbiamo suonare.
Vediamo un po’, ho preparato tutto? Luci e casse ci sono, hanno detto. Il mixer… no. Quindi lo preparo. Il mixer, intendo. Borsa, mixer, alimentatore… Già, dov’è l’alimentatore? È sempre nella solita borsa. Invece no, non c’è. Forse in quella dei cavi elettrici. Nemmeno. Ma dove l’ho messo? Aspetta che provo a fare mente locale. L’ultima volta con me c’era Alessandro. Forse è finito nella custodia del suo strumento. Gli mando un messaggio e chiedo. Intanto, però, continuo a preparare. Mixer (manca l’alimentatore, devo ricordarmene), cavi per andare alle casse… Sì, ma che casse avranno là? Magari succede come quella volta all’auditorium, dicono di avere le casse e poi ci ritroviamo con due grammofoni di prima della guerra. Sai cosa? È meglio se prendo le mie.
Quindi, ricapitolando: mixer (manca l’alimentatore, questo è sicuro), casse con relativi cavi e stativi… Però, a pensarci, anche le luci… Chissà che roba hanno! Come quando abbiamo suonato al circolo culturale. «Abbiamo noi le luci», dicono. Arriviamo e cosa troviamo? Avevano illuminato tutto con le candele, che qualche semidio ubriaco li strafulmini! Cioè, bello… però non riuscivo nemmeno a vedermi le scarpe! O l’altra volta… Arriviamo a teatro, accendono le ‘loro’ luci, e… insomma, mi si scioglieva il leggìo dal caldo che facevano! Ah, già, devo prendere il leggìo. Per farla breve: prendo anche le luci, sono più tranquillo. Allora: mixer (manca l’alimentatore, in un mondo che va a rotoli questa è una piccola grande certezza), casse con relativi cavi e stativi, faretto che – per non essere da meno delle casse – richiede il proprio personale stativo, leggìo, asta, microfono, cavo del microfono, cavi di corrente… Sì, però, la corrente… Dove sarà? Che poi – a quanto ne so io – da contratto nazionale dovrebbe essere a 60 metri. Praticamente a casa di quello che abita accanto al teatro. No, no, porto un po’ di prolunghe, che magari il faretto è in fondo alla sala e lì – prese di corrente – facile che non se ne trovi una a pagarla a peso d’oro. Aspetta, magari hanno l’attacco per l’industriale. Prendo un adattatore. Anzi due, così divido la corrente delle casse da quella della luce ed evito ronzii o rumori strani sul palco. Mi piace farle bene, le cose. Non so se si era capito.
Ma com’è il palco? Miseriaccia schifa, e se capita come quella volta in Liguria? Belli belli arriviamo, montiamo, accendiamo tutto, e… questo palco in legno del ’700! Oh, per carità… bellissimo! Però amplifica ‘a tuono’ ogni cosa… Appena dalle casse esce un accordo, da sotto il palco arriva un ruggito che riempie tutta la sala! Prendo un tappeto pesante, così isolo bene le casse dal palco. E se vogliamo mettere una spia sul palco… non rischiamo che dia problemi. Ecco, sì, prendo la spia. Così ci sentiamo tutti. E bene. Perciò abbiamo detto: mixer (manca l’alimentatore, che ormai suona un po’ come l’undicesimo comandamento), casse con relativi cavi e stativi, faretto con stativo addomesticato come un cane da pastore, leggìo, asta, microfono, cavo del microfono, cavi di corrente, adattatore per corrente industriale, spia, tappeto. Ma sì, sinceramente ero un po’ in dubbio… però ora sono sicuro: il tappeto lo prendo. È una serata lunga, si deve sentire bene. A proposito… Serata lunga… Potrei portarmi uno sgabello. Sai com’è, stare in piedi tutta la sera… Ma sì, carichiamo anche quello! Tanto ormai ho la macchina che sembra un uovo. Speriamo che là ci sia qualcuno che aiuta a scaricare. Toh, è arrivato un messaggio di Alessandro. Uno di quelli che ti risolvono l’esistenza, se non la serata. «L’alimentatore non ce l’ho io, l’ultima volta era nella tua custodia».